venerdì 15 novembre 2013

Pereje - O Cebreiro


PAOLA
Lascio Pereje molto presto, dopo aver eseguito scrupolosamente le indicazioni fornitemi dall’hospitalero ieri sera. E’ ancora buio. Riprendo la strada lasciata ieri. Non ci sono ancora pellegrini in giro. Arrivo ad un distributore di benzina il bar è già aperto. Faccio una sosta, bevo qualcosa di caldo. Quando esco mi trovo in mezzo ad un grande incrocio con tante strade e non so quale prendere. Di conche e frecce gialle neanche l’ombra. Ritorno al distributore per chiedere dove devo andare. Di fatto devo aggirare il distributore, svoltare a sinistra. Così faccio e mi trovo su una strada stretta che passa in mezzo a piccoli paesi e in mezzo a boschi. Di pellegrini neanche l’ombra. Infine una freccia mi fa uscire da uno di questi paesini  e finalmente mi ritrovo su


una strada simile a quella abbandonata all’altezza del distributore. E infatti adesso incontro altri pellegrini. Devo aver allungato la strada di parecchio. La pista affianca la statale. più in alto si intravedono i piloni dell’autostrada.  D’un tratto spunta un cane che mi abbaia contro forsennatamente. Per  fortuna è e rimane al di là della staccionata che divide la pista dalla vegetazione. Io mi blocco, nel frattempo sopraggiunge un pellegrino, è un francese, si ferma pure lui poi mi suggerisce di


proseguire, con cautela riprendo il cammino il francese pure lui, il cane corre affiancandoci sempre abbaiando finché sento una voce autorevole, che alzando il bastone, ordina al cane di andarsene al suo “trabaco”. Il cane esegue l’ordine e si allontana sempre abbaiando. La voce è quella di Phelipe che raggiuntami mi dice che il cane, che è un cane pastore, stava facendo solo il suo lavoro. Di certo è così, ma mi ha messo paura. Più avanti, infatti c’è un gregge, verso il quale il cane si stava dirigendo. In cuor mio benedico  Phelipe. Ancora una volta ci salutiamo e lui mi sorpassa con quel suo passo regolare e tranquillo e sarà l’ultima volta che lo incontro.

Oggi lasciamo il Bierzo per entrare in Galizia. Lungo la salita per O Cebreiero un cippo indica la distanza da Santiago 152,5 Km. da quel punto in avanti ci sarà un segnale ogni 500 m.
O Cebreiro è sito a 1300 m. quindi bisognerà salire. Il cielo è grigio e nuvoloso. Le montagne sono ricoperte di un  verde rigoglioso. Si entra dentro alle montagne. Montagne tutt’intono. E tutto verde.
Entro in una piccola chiesina di montagna. Mi piace. Sul tavolino c’è il timbro per il sello. Lascio una piccola offerta. Fotografo anche queste case di montagna abbandonate emulando (con molta presunzione da parte mia)  C. Leger. Architetto fotografo di Torino che fa fotografie straordinarie e filosoficamente intimistiche di luoghi abbandonati.



A La Faba incontro la ragazza asiatica di ieri. E’ dolce. Le chiedo di farle una fotografia. Lei e felicemente stupita. Dopo di che ci divideremo perdendoci di vista. Qui a La Faba (se la memoria non mi inganna) c’è un servizio di cavalli che portano a O Cebreiro. La salita vera e propria che incomincia da qui è dura e faticosa. Per fortuna non c’è sole e quindi non fa caldo. Siamo tutti in difficoltà. Ad un certo punto proprio davanti al naso c’è una piastrella in ceramica che recita:  vejo o céu, vejo o mar, vejo a terra, vejo te, vejo ... ah vejo que soufeliz.
Spiritoso il poeta! Nonostante il fiatone (come recita lui), mi vien da ridere. Diciamo sorridere, perché a ridere non ce la faccio.
A metà salita, all'incirca incontro i cavalli che tornano indietro dopo aver accompagnato i pellegrini a O Cebreiero.
Si mette a piovere. Una pioggerella sottile, come da noi a novembre. Ma dura poco.
Eccomi finalmente a O cebreiro. Dopo aver costeggiato un lungo muro si entra in paese. Ti accoglie un’atmosfera unica e speciale. Come se essere lì fosse un privilegio. Ma forse lo è.
Le antiche case dei pastori della zona, costruite in pietra e paglia dalla forma particolare “pallozas”, pare che siano state costruite con una tecnica celtica e furono i primi luoghi di accoglienza e ristoro per i pellegrini di passaggio.

O Cebreiro conserva un Graal, considerato santo da alcuni e miracoloso da altri.Nella località di O Cebreiro si conserva un insieme di pallozas, abitazioni di pietra con tetto di paglia, abitate fino a poco tempo fa. Una di queste, di costruzione moderna, è stata integrata in una delle strutture per il turismo rurale della località, l’altra, molto più antica, è stata trasformata in museo etnologico, con ingresso gratuito, aperto mattina e pomeriggio.È d’obbligo la visita alla chiesa preromanica di O Cebreiro, la più antica della rotta giacobea tra quelle integralmente conservate, che contiene un Santo Graal. Le sue campane durante l’inverno suonavano per aiutare i pellegrini a orientarsi in mezzo alla nebbia. Merita una sosta anche la foresteria di San Giraldo de Aurillac, senz’altro la più frequentata dopo Roncisvalle, in funzione dal sec. IX.
O Cebreiro è legata anche ad un famosissimo miracolo avvenuto nel XIV secolo. Un contadino, di un villaggio vicino, salì a O Cebreiro per assistere la messa, nonostante ci fosse una bufera di neve che lo fece arrivare in ritardo con suo grande dispiacere. Il sacerdote che celebrava la messa, senza darlo a vedere rise  
di lui, beffandolo per  aver affrontato una simile fatica solo per un po’ di pane e un po’ vino. Ma al momento della consacrazione, l’ostia che teneva in mano si convertì in carne e il vino in sangue. Ora sia il prete incredulo che il contadino pieno di fede sono seppelliti  uno accanto all’altro nella chiesa.

Nel 1488, successe pure che Isabella la Cattolica, di ritorno da un pellegrinaggio, volle portare con sé il calice del miracolo ma i cavalli si rifiutarono di proseguire oltre Pereje. Così Isabella fece riportare indietro il famoso calice e O Cebreiro divenne luogo di culto e di preghiera.
Inoltre nella chiesa preromanica di Santa Maria del Real, vi è la tomba di Elias Valina (1929-1989), storico parroco dell’O Cebreiro, a lui si deve tra le altre cose la rinascita del cammino moderno, percorrendolo lui stesso, segnando il percorso per la prima volta con frecce in vernice gialla che da allora sono il simbolo e guida di questo tracciato.   
Arrivo all’albergue per pellegrini, modernissimo(il primo della Xunta de Galizia), che è alla fine del borgo. Essendo un albergue municipale la mia mochila non c’è. Mi dicono di andare in un altro punto di accoglienza ma anche lì non c’è. Giro tutto il paese ma non la trovo da nessuna parte. Finalmente telefono e mi dicono che deve ancora arrivare. Dopo aver pranzato con un piatto di pasta, (non gran che) ritorno all’albergue in attesa della mochila. Arrivata nei pressi , seduta sulla panca di pietra addossata alla parete dell’albergue c’è una donna. La guardo, la guardo ancora meglio, ci guardiamo e finalmente ci riconosciamo. Ma è Paola! Non posso crederci! Ci siamo ritrovate! Che bello, da quel momento abbiamo proseguito insieme fino alla fine. Mentre siamo lì a manifestarci  gioia e stupore arriva anche Cirino, compagno di camino. E staremo insieme anche con lui fino alla fine.

1 commento:

  1. finalmente ti abbiamo trovata! Paola mi parlava sempre di te ed ero curioso di conoscerti.

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