venerdì 15 novembre 2013

Villava - Pamplona



PAMPLONA domenica – 1° settembre
Uscendo da Villava, mi affianco ad una signora Canadese  la quale porta uno zainetto direi quasi da passeggio. Allora le chiedo, e lei mi dice che ha uno zaino grande che spedisce da una tappa all’altra. Da allora ho fatto così anch’io.

Mi sento in forma nonostante la zaino. Una bellissima donna americana mi sorpassa e mi saluta. Anche lei si è fermata in pasticceria procurandosi  qualcosa per la colazione e mi dice che bisogna sostenersi. Sono enormemente ammirata da queste donne straniere belle alte forti. Portano quegli zaini come se niente fosse ed io mi sento sempre più piccola e “calimera”.(parafrasando una pubblicità di un tempo).
Arrivo senza accorgermene nel cuore di una città. Dopo aver percorso  un bel parco costeggio le mura ed entro in città attraversando una antica porta. È mattina, non so, forse verso le nove. La città è deserta. In questo deserto trovo Federico che fotografa la cattedrale. Dice che è bella. Io ancora inconsapevole di dove mi trovo gli chiedo: “ma quanto manca a Pamplona?” “E’ qui!” mi risponde. Sono la solita Alice nelle nuvole. Che figura!
Camminiamo un po’. Non c’è anima viva. Tutto chiuso. Di fatto è naturale essendo domenica. Lui cerca una farmacia ha male ad un ginocchio. Lo vedo anche un po’ inquieto e avverto in lui una certa fragilità. Io intanto decido di cercare l’hostello municipale. Federico mi fa presente che gli hostelli municipali aprono solitamente all’una dopo mezzogiorno. Decido lo stesso di andare. Vorrei liberarmi dello zaino. Ritorno sui miei passi ed incontro dei signori della Neo Zelanda che ho conosciuto da qualche parte. Ora non ricordo. Sono due coppie amiche. Ci salutiamo col solito Hola! Li vedo liberi dallo zaino e  chiedo loro dove si trova l’hostello. Uno di loro, dopo aver detto agli altri cosa intendeva fare mi accompagna in un albergue. E’ veramente un signore. Non era quello che cercavo io ma un albergue privato. Comunque per me non fa nessuna differenza. L’albergue è molto bello. Piccolo, modernissimo e funzionale. Nel dormitorio ci sono quelli che io chiamo i loculi giapponesi. Letti a castello incassati nel mobile con tanto di tendina. Devo dire che quella notte ho dormito benissimo. L’hospitalero è molto efficiente, simpatico  ciarliero e parla italiano. Gli chiedo come posso spedire lo zaino e lui mi consegna una busta da compilare che poi devo legare allo zaino, lasciare i soldi 7 € e poi ci pensa lui.
Telefono a Federico per dirgli dove mi trovo e lui mi raggiunge. Intanto io avevo molte cose da lavare. Ne approfitto che oltre alla lavatrice c’è anche la secadora  che funziona benissimo. Sistemate tutte le mie cose e fatto il bucato arriva mezzogiorno quindi esco e giro un po’ per la città che intanto si è svegliata. Per la messa ormai è tardi. Non vado mai a messa ma avendo dedicato il camino a mia mamma, vado per lei.
Trovo un negozio di articoli per il pellegrino e compero alcune cose che mi mancano e anche una borsa da utilizzare come zainetto. E’ di tessuto, gialla, con la scritta in azzurro “CAMINO DE SANTIAGO”. (I colori della concha e della freccia).

Intanto la città prende vita. C’è una bella movida. I locali di ristoro sono pieni di gente. Entro in uno di quelli in bianco e nero. Sul bancone  in bella vista tantissimi “Pinchos”. Specie di panini sfiziosissimi. Ordino un’insalata mista che mangio con mucho gusto. Intanto mi telefona Gino da Torino, che si trova anche lui a pranzo con suo nipote e comunico loro il mio entusiasmo. Non so com’è il resto della Spagna ma se è tutta così è davvero entusiasmante.

Mentre scrivo alzo gli occhi e incontro quelli della fotografia di mia mamma. Occhi un po’ sgranati con quello stupore un po’ da bambina e un dolce sorriso appena accennato. Sorrido anch’io. Guardo l’ora sono le undici di sera faccio una piccola pausa e riprendo questa carrellata sul mio cammino.


Fu Hemingway a rendere Pamplona famosa in tutto il mondo con il suo romanzo Fiesta, il sole sorge ancora  scritto nel 1926, dove racconta la corsa dei tori. La cui tradizione risale nella notte dei tempi.  
Firmino fu ordinato sacerdote a Tolosa (Toulouse), tornò a Pamplona come vescovo e finì decapitato ad Amiens nel 303. Qualcos’altro che si sa, poi, è che divenne patrono delle confraternite dei barcaioli, dei vinai e dei fornai. Qualcuno starà già chiedendosi che centrino i tori. Rispondono in parte a questo, i martirologi, secondo i quali Firmino fu martirizzato per essersi opposto al sacrificio dei tori agli idoli del paganesimo e dunque divenne anche patrono dei ruminanti.
Quindi, se Firmino si batté per la liberazione dei tori dalla mattanza
pagana, è naturale che, simbolicamente, nella festa a lui dedicata i tori vengano sguinzagliati per le vie della città, liberi anche di prendere a cornate i molestatori ebbri che chiassosamente intralciano il percorso. Ma poiché si aggiunge che, vista la diffusione delle corride, dopo la sua morte, Firmino divenne anche patrono dei toreri, si può affermare che i tori non ci abbiano per niente guadagnato.

Ad anticipare il divertimento della settimana pazza, il 5 luglio si svolge la  la "corsa dei nudi" organizzata dal PETA (che sta People for the Ethical Treatment of Animals) per protestare contro la Fiesta di San Firmino e contro le corride in generale. Si tratta di una parodia della "Fiesta", dove migliaia di animalisti armati di corna di plastica, bandana rossa e….nient'altro, a ritmo di tamburi, cantando e danzando, dicono no alla Corrida e alla Corsa dei Tori.  La Corsa dei Nudi non è sinonimo di esibizionismo ma è un modo per mostrare al mondo intero che sempre più persone sono contrarie allo sfruttamento degli animali e che molti sono disposti a svestirsi pur di attirare l'attenzione sulla sofferenza, lo strazio, la tortura e il massacro di esseri viventi.
 


Pamplona, Iruña in basco,  che della Navarra fu la capitale dal X al XI secolo, si trova a ridosso dei
Pirenei, lungo il tragitto del “Camino” verso Santiago de Compostela. Dalle sue spesse mura che ne avevano fatto una città-fortezza quand’era capitale del regno di Navarra la città si è divincolata, per espandersi, solo un secolo fa,  in sintonia con le sue nuove ambizioni industriali che hanno coinvolto tutto il nord della Spagna, che ancora oggi è il cuore industriale del paese.

 La città è benestante e colta, e si vede. Grandi viali e giardini curatissimi, costeggiano le mura, e raffinate terrazze si affacciano sul fiume Arga aspettando perennemente l'estate, o almeno, una giornata di sole. Il cuore della città e la Plaza del Castillo, piena di caffè all'aperto.
Un romanziere, locale Pio Baroja, ha detto una volta a proposito di questa piazza, che i diversi livelli di aristocrazia erano evidenti come se fossero piani distinti di un edificio.
Dopo un riposino pomeridiano nel loculo, mi dirigo verso il centro della città. Trovo una bella piazza grande,
Plaza del Castillo, incontro gli amici irlandesi con i quali avevamo cenato insieme ad Federico la sera prima. Mi unisco a loro per uno spuntino serale ma loro decidono di fermarsi  in uno di quei localini che hanno di questi Pinchos sfiziosissimi ma per me un po’  pesanti e quindi li saluto garbatamente e mi dirigo in piazza al caffè ristorante Iruna, frequentato da Hemingway. Il caffè aperto nel 1888 è molto elegante. Sfarzoso di luci. Una bella scala in legno con balconata porta ad un piano superiore.
Alle pareti alcune fotografie di Hemingway. Nel dehort e sotto i portici, I tavolini sono tutti occupati. Dei cantori con chitarra stanno cantando delle canzoni appassionate. A parte i cantori mi sento un po’ a casa, in piazza San Carlo a Torino. La sola differenza è che qui l’atmosfera è più vivace. E’ movida.
Mentre mi dirigo verso un tavolino che si è appena liberato mi sento  osservata. Sono tre persone, marito e moglie più una signora. Tutti e tre già di una certa età. Forse miei coetanei se non di più. Mi fermo e dico  che sto facendo il camino. E loro molto carinamente mi fanno delle domande. Le solite domande. Da dove vengo ecc. Dopo di che  raggiunto il tavolino che era ancora libero e dopo aver ordinato qualcosa di leggero e un te, li osservo. Confabulano tra di loro. Marito e moglie si alzano dirigendosi verso di me con un sacchetto in mano che mi porgono e mi fanno capire che sono stati alla LIDL e hanno comperato in offerta due brioches e vogliono regalarmele. Sono teneri. Prendo il sacchetto ringraziando non senza un certo stupore e capisco che  con quel gesto gentile vogliono dimostrarmi qualcosa. E’ come se volessero sostenermi e capisco anche che il camino di Santiago per loro deve essere molto importante.
Che deve avere un valore, un significato e forse sentono anche un po’ di ammirazione per una donna non più giovane che l’ha intrapreso da sola. Dopo un poco mi fanno un altro omaggio, mi portano ad assaggiare una specialità locale per farmela conoscere, come un dovere di ospitalità. A quel punto mi sento in dovere di contraccambiare in qualche modo. Faccio loro una fotografia e sono molto contenti. Un poco emozionata da questo avvenimento,  vedo passare Federico, lo chiamo e lui mi dice che già mi aveva telefonato per ben due volte, ma io non avevo sentito, per invitarmi a quel caffè. Trascorriamo ancora un po’ di tempo e poi ci dirigiamo all’albergue che alle dieci spengono le luci e tutti a dormire.

2 commenti:

  1. ogni giorno guardo il blob sperando di leggere qualche nuova puntata. Non deludi mai. Il tuo diario di una adorabile pasticciona più notizie del luogo, storia e costume completano il tutto. Le foto se pur non splendide sono un reportage dettagliato e sentito. Sono affascinato.

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  2. grazie Cirino,
    il tuo commento mi da una motivazione in più per continuare a scrivere su questo BLOG. Lo so le fotografie non sono belle, sono venute quasi tutte sfocate. Peccato, un'occasione mancata.

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