venerdì 15 novembre 2013

Los Arcos - Viana



Con questa tappa si lascia la Navarra e si entra in Rioja, regione famosa in tutta la Spagna per la sua eccellente produzione del vino.
Lascio Los Arcos molto presto, ancora con il buio. Disattendo al consiglio del fisioterapista e intraprendo il mio cammino a piedi. Prima di partire ho assistito alle proteste della bambina figlia dell’australiana. Era  molto arrabbiata. Tutto quello che io ho recepito era la parola Walking che ripeteva più e più volte con tono esasperato davanti ad un padre inerme e impotente e che magari, si sentiva anche un po’ in colpa per aver messo la bambina in quella situazione così difficile.
Nel primo tratto siamo in solitudine io ed un lituano. Abbiamo scambiato due parole poi ognuno per la propria strada. lui ad un tratto lascia la strada e si inoltra in un prato e siede su una pietra rivolto all’indietro, io lo osservo e mi accorgo che sta aspettando che si alzi il sole da dietro le colline, mi fermo anch’io per godermi lo spettacolo. In quella solitudine tutto sembra un miracolo.
Il percorso non è molto bello da un punto di vista paesaggistico. In compenso molto movimentato da tanti saliscendi.
Poco prima di lasciare la Navarra, sul Cammino di Santiago appare la chiesa del Santo Sepulcro. Un incantevole e raccolto esempio di romanico del XII secolo, che fu cappella funeraria e faro del Cammino.

Secondo alcuni storici, il Santo Sepolcro di Torres del Río potrebbe essere opera dei cavalieri dell'ordine dei Templari. Sebbene questo non sia stato confermato, il mistero avvolge l'opera, simile al Santo Sepolcro di Gerusalemme, in cui, però, le conoscenze islamiche vennero adattate alle tecniche costruttive impiegate dai cristiani. 
La chiesa del Santo Sepulcro, a pianta ottagonale, è un raro esempio di arte medioevale, in contrasto con l'orizzontalità e la pesantezza del romanico: qui invece tutto conduce alla verticalità. All'interno, l'impressionante volta a nervature incrociate ricorda l'arte ispano-araba. La chiesa del Santo Sepulcro si trova immersa nel centro storico di 
Torres del Río, piccola località del Cammino di Santiago situata nella cosiddetta Zona Media della Navarra, tra la cima di una collina e una profonda gola, vicino alla regione La Rioja. Questo gioiello del romanico, costruito intorno al 1170 su esempio della basilica di Gerusalemme, ma sostituendo la forma circolare con quella poligonale. 
Legata, fin dalle origini, al Cammino di Santiago, come 
Santa María de Eunate, fu faro dei pellegrini, guidati dalla luce di una lanterna collocata in cima all'edificio, mentre il terreno circostante era adibito a cimitero. 


La chiesa a pianta ottagonale e perfettamente rifinita, è un edificio dall'aspetto sobrio e armonioso in cui si possono chiaramente distinguere tre corpi: il primo è cieco, il secondo è illuminato da due piccole finestre, mentre in quello superiore le finestre a tutto sesto illuminano la splendida cupola interna. Su entrambi i lati l'edificio conserva l'abside e una torre cilindrica. Sul tetto a otto falde, si erge una lanterna, anch'essa ottagonale, che riproduce in miniatura il corpo stesso della chiesa. 
Si accede all'edificio dalla porta del lato sud, dal timpano a croce patriarcale, insegna del Sacro Ordine Militare del Santo Sepolcro di Gerusalemme. 
All'interno, lo sguardo viene attratto dalla magnifica cupola dalle spesse nervature di influsso arabo che corona il complesso della chiesa e disegna una stella a otto punte illuminata da una tenue luce filtrata attraverso le persiane. La nervatura ricorda quella araba di alcune moschee, il che ha portato a credere che probabilmente il monumento fu opera di artigiani Mudéjar giunti a Torres del Río dalla conca del Guadalquivir.
Inoltre, nell'abside spiccano un Cristo del XIII secolo, noto anche come il Santo Cristo dei Cavalieri del Sepolcro, e delicate colonne e capitelli di influsso arabo sui quali sono raffigurati mostri e centauri.


Fino a Sansol il territorio è ricco di vigneti. Sono viti basse, a terra. L’uva non è ancora matura.
Il tratto che va da Virgin del Pojo a Viana è inteminabile, una decina di KM., senza altri paesi intermedi ed è tutto un salire e scendere.
Poiché il giorno prima ho mangiato poco e dormito ancora meno arrivo a Viana che sono sfinita. Come un sacco vuoto non mi reggo in piedi. Depositate le mie cose all’albergue municipale che si trova di fronte al vecchio hospitale, che per secoli ha ospitato i pellegrini di un tempo e oggi semidistrutto, cerco
una trattoria. La ragazza che mi serve mi chiama “mademoiselle”. Ordino una paella e mi bevo una sangrilla più un piattino di pomodori in insalata (stuzzicata dall’assaggio offertomi da un signore del posto) (molto gustosi) e poi vado a dormire. Da quel momento è incominciata la mia ripresa. Da quel giorno ogni sera ho bevuto un bicchiere di vino.
Dopo aver fatto una bella dormita, sul tardo pomeriggio vado ad acquistare dei sandali da trekking per i poveri miei alluci. Incontro gli amici neozelandesi, è sempre un piacere incontrarli. Da quello che ho capito loro alloggiano sempre in albergue privati.
Ritorno all’hospitales. In camera con me c’è la costaricana la quale mi guarda con aria di disappunto quando le dico che ho intrapreso la tappa a piedi. Ci sono anche due signore canadesi. Molto carine. Sembrano sorelle, invece sono colleghe di lavoro. Indossano tutte e due quei cappelli a falda larga tipici della loro regione e portano camicie scozzesi. Una delle due ha perso l’unghia del mignolino. E’ veramente in cattivo stato. Loro mi avvicinano per chiedermi come faccio a spedire lo zaino e intanto sono preoccupate perché le previsioni del tempo danno pioggia. Io mi lascio coinvolgere e insieme anche con la costaricana decidiamo per l’indomani di prendere il bus.
Sul letto sopra di me alloggia uno spagnolo. Un bell’uomo, sembra uscito da un quadro di Velasquez, il quale mi vede pungere gli alluci con la siringa ed interviene vivamente per dirmi di interrompere quell’operazione che avrei irritato maggiormente quella parte già molto congestionata. Gli dò ascolto. Mi disinfetto, metto della tintura madre alla Calendula, avviluppo i pollicioni nella garza, metto la protezione in lattice e infilo i miei sandali nuovi. Intanto si mette a piovere. Mettiamo i nostri indumenti sui termosifoni, che sono accesi. Non asciugheranno, quindi li metterò ancora umidi o bagnati dentro sacchetti di nailon, ben piegati e l’indomani appena arrivata alla nuova destinazione li metterò nuovamente ad asciugare. Lo spagnolo ritornerà a casa, mi pare fosse di Madrid. Un po’ mi spiace, fa piacere incontrarlo, oltre che essere un bell’uomo ha un aspetto nobile. C'è stato un piccolo qui pro quo. poiché abbiamo calzini identici, (comperati tutte e due da Declaton, evidentemente), lui vedendo sul termosifone i miei calzini pensa che io abbia preso erroneamente i suoi. per fortuna c'è la misura che li distingue. L'indomani mattina, lui parte prima di me e io raccolte tutte le cose mi accorgo che i calzini che lui non trovava erano per terra sotto la sedia.
Come stabilito la sera precedente, prenderemo il bus fino  Navarrete. Le "ragazze" indugiano nel letto, io vado a fare colazione in un caffè. Quando ritorno all'albergue le due canadesi si stanno dirigendo verso la fermata dell'autobus. Là mi aspetterano. Impiegherò un po' di tempo perché, avendo visto un mucchio di zaini ammucchiati in attesa di essere spediti, deciderò anch'io, contrariamente a quanto deciso la sera prima, di aggiungere il mio zaino. Quindi cerco una busta, segno la località e l'albergue di arrivo, infilo i soldi e lascio lì lo zaino insieme agli altri, il tutto in fretta e furia che sono già passate le otto e l'albergue deve chiudere.

Nessun commento:

Posta un commento