venerdì 15 novembre 2013

Villacazar de Sirga - Terradillos de los Templaros - San Nicolas del Real Camino



La tappa che mi sono assegnata oggi è di 31 Km. di cui diciassette Km. di nulla. Non un paese, non una variazione di paesaggio. Nulla. Di una monotonia assurda. Ma in compenso questo tratto è una di quelle parti più autentiche dell’originale tracciato del cammino medioevale.
A cinque Km. da Villacazar de Sirga si raggiunge Carrion de los Condes famosa in passato per le mura difensive. Arrivo ad un ponte ed una signora piuttosto anziana mi indica una chiesa che si staglia nel cielo al di sopra del fiume. Si tratta della chiesa di Nuestra Senora de Belen alla quale la signora è molto fedele. Non avendo la forza di raggiungerla la signora prega dal ponte e mi incita a fare altrettanto. Io la assecondo ringraziandola.
Lasciato Carrion de los Condes, dopo circa sei Km.  inizia l’antica via romana Aquitania, il tratto più lungo e monotono di tutto il camino.


Fa freddo, c’è vento e le mie mani sono gelate. Un dettaglio di cui non ho ancora parlato sono le mosche. Qui nella meseta sono tante, appiccicose e noiosissime. Difficile difendersi  dalla loro insistenza. A metà percorso c’è una specie di punto di ristoro. Un camioncino con dei tavolini. Mi fermo per un panino ma questi sono esauriti. Ho del pane che faccio vedere al  gestore di questo improvvisato rifornimento. Lui mi propone un Chorizo un uovo e un pomodoro che farà cuocere sulla graticola da campeggio. Devo dire che con quel freddo quello spuntino caldo mi ha fatto anche piacere. Unica cosa che le mie mani erano talmente gelate da aver perso addirittura la sensibilità.
Improvvisamente dopo i diciassette Km. di nulla ecco comparire sotto la linea dell’orizzonte Calzadilla de la Cuevas. Successivamente si costeggia la statale su un sentiero dopo di ché il cammino si anima con un po’ di curve, saliscendi, e si giunge prima a Ledigos e poi a Terradillos de los Templaros.


i presento all’albergue Jacques de Mollay che è già pomeriggio inoltrato ed è già tutto completo. L’hospitalera mi fa notare che il fatto di aver spedito la mochila lì non mi dà il diritto di avere anche il posto, avrei dovuto telefonare per prenotare.
Ho già percorso 31 Km., la temperatura si è alzata e fa caldo. Mi faccio coraggio, questa volta con lo zaino in spalla mi dirigo al paese successivo. Cerco di prenotare telefonando, dopo un paio di tentativi trovo sistemazione all’albergue privato Victoris.
La strada si snoda a serpentina in mezzo ai campi. Non c’è anima viva. Dopo poco mi sorpassa un giovane tedesco che avevo visto all’albergue. Anche lui in cerca di pernottamento. Sono tranquilla. Io ho la prenotazione. Il tedesco avanti a me non lo perdo di vista in quanto la strada a serpentina è in discesa. La luce è accecante in mezzo a quei campi gialli. Anche oggi i colori dominanti sono il giallo dei campi e l’azzurro trasparente del cielo.
Anche qui i tetti di un paese si annunciano con un certo anticipo. Il fatto di vedere il tedesco davanti a me e poi il paese che appare e scompare mi incoraggiano a proseguire. Finalmente entro in paese. Sono stanca. Non c’è nessuno. Tutto chiuso e desertico. In questo isolamento incontro un signore e gli chiedo dove trovo l’albergue Victoris lui mi dice che si trova a Sahagun cinque Km. più avanti. Davanti al mio scoramento mi dice che a pochi metri c’è un albergue e lì mi dirigo. Per fortuna trovo pernottamento compreso la cena che l’albergue ha pure una sala ristorante. Oggi ho percorso ben trentasei Km. la tappa più lunga di tutto il mio percorso. Telefono al Victoris per disdire la prenotazione ma la signora non capisce quello che dico e poi salta la linea. Provo una punta di disagio, mi spiace ma non sarei stata assolutamente in grado percorrere altri cinque Km. ma nemmeno uno.
Divido la stanza con padre e figlia. Commento che è bello che un padre si sia portato  dietro la figlia ma lui mi smentisce dicendomi che è esattamente il contrario: è la figlia che si è portata dietro il padre!.sono entrambi simpatici, teneri. Il padre è un ex ballerino oggi in pensione la figlia che ha pure studiato danza vorrebbe fare l’attrice e per questo lei abita a Roma. La cena invece la condivido con un giovane coreano. È un bel ragazzo alto, longilineo. Ha delle mani sottili, eleganti. È un ciclista ed è entrato nel cammino a Burgos. Dopo avermi versato cavallerescamente il vino e scambiato quattro parole si immerge nel suo IPOD estraniandosi  completamente, sorridendo di tanto in tanto tutto tra sé e sé.
Dopo cena esco all’aperto. Un gruppo di signore francesi mi guardano parlottando tra di loro. Telefono a Torino poi a Federico per sapere come sta. Mi piazzo nel centro della piazza, unico punto in cui trovo campo. Federico sta meglio ma è completamente spossato e quindi decide di rientrare in Italia. Insieme alle ragazze aspetterà il mio ritorno per organizzare la cena promessa.  Il coreano è seduto su una panca di pietra addossata alla parete della chiesa e canta sommessamente accompagnandosi con una chitarra. Lo rivedrò ancora l’indomani mattina sfrecciare sulla sua bicicletta, con la chitarra, a inseguire i suoi sogni.

2 commenti:

  1. Marcello e Giorgia (carinissima), il ballerino e l'attrice. Ma i bastoncini sono quelli tuoi o li hai già scambiati?

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  2. forse più avanti, sì, mi pare più avanti. ma non mi anticipare le sourprise!

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