venerdì 15 novembre 2013

finalmente a Santiago - Finisterre - Muxia

e sprofondar m’è dolce in questo mare …..


Sono seduta su una pietra a Muxia. Alle spalle la chiesa  della Madonna della Barca di fronte all'oceano Atlantico, con la sua forza ed energia.
Questo è un posto di sassi, mare e spiritualità.
Il sole è dietro alle spalle e accarezza le rocce che sono morbide, dalle forme arrotondate come la schiena di un elefante.


Il nostro arrivo a Santiago è stato duro. Dico nostro perché l’ultima tappa l’ho percorsa in compagnia di Paola e Cirino. È stata dura almeno per me. Ero arrivata ai minimi termini. Negli ultimi giorni le capacità di recupero si erano alienate.
Oggi gli ultimi 20 km. ancora boschi di eucalipto. Salite e discese poi il rio dove anticamente i pellegrini lavavano  sé stessi e i loro vestiti a mondarsi dal sudore e dalle fatiche sofferte durante il cammino.

Ho avuto un incontro ravvicinato con un cane pastore non piacevole. Lui mi abbaiava contro ringhiando io inconsapevolmente ringhiando qualcosa a mia volta ho agitato i miei bastoncini a quel punto è stato il cane ad avere paura e si è ritirato in buon ordine. Per fortuna!

Con Paola e Cirino siamo passati davanti all’aeroporto  e la vista di un aereo in fase di decollo ci ha ricordato, con un po’ di malinconia e già con una punta di nostalgia che subdolamente si stava insinuando dentro di noi, il nostro prossimo ritorno.

Ultime foto sulla via del camino e già si intravvede la città con il suo traffico urbano.






È mattina, a Muxia. La marea è bassa. Spuntano rocce che ieri pomeriggio erano sommerse dall’acqua.
Il fragore del mare è avvolto dal silenzio. E come dice Leopardi: “m’è dolce naufragar in questo mare”.
Qui il tempo non ha inizio – non ha fine – è uguale a sé stesso. Queste strane rocce sembrano animali alla deriva. Stanno lì a testimoniare un tempo immutabile.



L’arrivo alla cattedrale è estenuante. Entrati in Santiago si attraversa una lunga periferia che non finisce mai.
Uno, due, tre, quattro mi incoraggia Francesco sorpassandomi.
Uno, due, tre, quattro arranco io, con un ultimo sforzo.
Finalmente  arriviamo nel cuore storico di Santiago. Le strade acciottolate, i palazzi antichi.
Paola  e Cirino incontrano due amici che avevano perso durante il cammino. Sono una coppia di americani. La commozione nel ritrovarsi per loro è grande. Baci, abbracci e lacrime. A mia volta sono contagiata da questa emozione e sento che qualcosa sta salendo dal mio intimo più profondo. Salutati gli amici dopo aver dato loro appuntamento per la sera, proseguiamo tutti e tre tenendoci per mano e ci scioglieremo solo dopo essere entrati nella piazza
davanti alla cattedrale.

Io sono completamente in tilt. A mala pena


intravvedo il viso di Paola attraverso le lacrime che scorrono quasi a mia insaputa. In questo frangente ci avvicinano due giovani donne. Sono spagnole e hanno un microfono e una telecamera in mano. Ci fanno una specie di intervista. Vogliono cogliere l’emozione.

L’attimo. Una di loro dice: “ma è la senora” probabilmente ci siamo già incontrate. Confusamente mi pare di ricordare. Poi mi fanno dire “Buen Camino” e me lo fanno ripetere per tre volte. Come trasognata, senza reagire faccio quello che mi chiedono e dico per tre volte “BUEN CAMINO!” E in quelle due parole, in quel momento, c’è tutto di me. La mia vita, le mie gioie, i miei dolori, le mie sconfitte, le mie vittorie. Come questa impresa che sono riuscita a portare fino alla fine, con fatica,  con determinazione, con gioia. Tutto, come si affronta un’avventura dura, impegnativa e significativa.


Una nebbia sottile e impalpabile sta scendendo su Muxia. È un attimo e tutto è coperto di un grigio leggero. È come un sipario: lo spettacolo è finito.  La rappresentazione riprenderà secondo i capricci del tempo che rispondono a dettami a me sconosciuti.



Entro nella cattedrale come in sogno. Visitiamo la tomba del Santo ma tutto è come se fosse velato da un velo indecifrabile. La cattedrale per me è un simbolo. Tutto è un simbolo. Un simbolo protratto nel tempo.

Pernotteremo tutti quanti, io, Paola, Cirino, Marilisa e suo padre il generale in un albergue privato non distante dalla cattedrale. L’ha prenotato un’amica di Marilisa trasferitasi a Santiago da tempo. Sistemate le cose andiamo, come vuole la tradizione, a farci fare la “COMPOSTELA”. Dobbiamo fare una lunga fila che anche oggi siamo arrivati in tanti. Mentre è il mio turno, squilla il


 cellulare, è Elia, il “Maestro” dell’accademia iniziatica che frequento da un po’ ditempo. Con un tempismo assoluto. E naturalmente con emozione e gioia le comunico che sono arrivata e dove mi trovo. Lei e le “ragazze” mi hanno seguita da lontano partecipando anche loro, con un coinvolgimento inaspettato, al proseguire del mio cammino.
Finalmente la Compostela con i complimenti della senora (in considerazione della mia età). Anche il compagno anziano di “Francesco” in una sosta dell’ultima tappa, mi ha battuto le mani, ed io a mia volta le ho battute a lui,
complimentandoci con quel gesto a vicenda.
Il centro della città ruota attorno alla cattedrale ed ai pellegrini. Nelle rue si susseguono locali, localini, negozi, negozietti. Tutto è un grande business. Dopo un mese di assoluto assenteismo dal consumismo eccolo lì risplendere in tutto il suo splendore a contaminarci di nuovo, inesorabilmente.
A cena siamo tutti sparpagliati io ritorno in albergue. Nel piccolo giardino vi sono dei tavoli, sono tutti
occupati, mi siedo insieme a due ragazzi, una ragazzo ed una ragazza. La ragazza è italiana il ragazzo  spagnolo. Si sono conosciuti nel camino da una decina di giorni e sono innamorati folli. Già progettano un futuro insieme. La ragazza rivela di essere appena uscita da una situazione molto pesante e mai più immaginava di trovare un amore così bello. (miracoli del camino!)
Il mattino successivo ci prepariamo per la messa del pellegrino. Se saremo fortunati vedremo in funzione il botafumerio che costa ben 400 € per vederlo in funzione.

Storia


Pur essendo presente fin dagli albori del pellegrinaggio a Santiago, il botafumeiro di cui si ha notizia certa fu una gran pignatta diargento del secolo XVI, dono del re Luigi XI di Francia; venne in seguito rubato dalle truppe napoleoniche. L'attuale è stato fuso nel1851, utilizzando ottone poi ricoperto d'argento.

Solo recentemente il botafumeiro ha assunto la funzione che gli è propria: infatti in passato veniva utilizzato prevalentemente per coprire il forte odore emanato dai pellegrini che affollavano la cattedrale e nella quale spesso trovavano ricovero per la notte.

Nel corso della storia è accaduto alcune volte che il "fumeiro" si distaccasse dalle corde; famosi sono rimasti gli incidenti del 1499, al quale assistette la Infanta Catalina (futura Caterina d'Aragona) e del 1622.

Utilizzo

Al momento è utilizzato quasi esclusivamente in occasione delle messe solenni e durante l'Anno Santo Compostellano.

Il botafumeiro viene fatto oscillare da personale addetto (i "tiraboleiros"): essi lo issano fino a 22 metri d'altezza nella croce della navata centrale e quindi, con un sistema di corde e carrucole, gli imprimono un moto pendolare, fino a fargli sfiorare il soffitto delle navate ad una velocità di circa 70 km/h
Io intanto decido di spedire delle cose a casa per alleggerire lo zaino e portarlo così nei prossimi giorni a Finisterre e a Muxia. Percorso che faremo in pullman.
Subito con Paola andiamo alla posta e mi rendo conto che la cosa è molto facile. Loro sono attrezzatissimi.  Scelgo una scatola di misura che mi pare sufficiente e dato appuntamento a Paola per la messa del pellegrino ritorno all’albergue per
raccogliere le cose da inserire nella scatola da spedire a casa. Per quanto mi affretti il tempo passa inesorabile. La messa è alle undici ed io alle 10,30 esco dall’albergue con la scatola sottobraccio. Mi trovo a dover decidere se spedire prima la scatola

oppure andare alla messa con la scatola sottobraccio. Scelgo la seconda opzione. Non posso assolutamente mancare alla messa. Credo di essere stata l’unica pellegrina al mondo che si è presentata alla messa del pellegrino con una scatola da spedire sotto il  braccio.

La cerimonia è pomposa in quanto quel giorno è la festa della polizia. Infatti vi sono personalità in divisa. La cerimonia non mi coinvolge ma quello che mi è entrato nel cuore è stato vedere quella cattedrale gremita di pellegrini tutti belli, ripuliti, con le scarpe linde come se ognuno di loro fosse uscito da casa per assistere la messa grande della domenica. La commozione è nell’aria. Palpabile. Molti gli occhi lucidi. Vedo visi che tante volte ho incontrato, e tra i tanti incontro gli occhi della signora australiana che aveva tutta la famiglia a

seguito. Ci salutiamo con la mano festosamente. Oggi è una giornata di festa per tutti. Una festa consapevole di aver compiuto un atto che lascerà un segno incancellabile dentro di noi.
Il botafumerio funziona. Sono ben otto gli uomini che lo fanno azionare. Effettivamente è uno spettacolo unico al mondo. Il botafumerio si muove, dondola, prima basso poi sotto la spinta degli otto uomini vola in alto sempre più in alto sino a toccare quasi il soffitto. L’applauso scaturisce spontaneo.  Tutti siamo felici e gratificati da questa conclusione spettacolare.
Nel pomeriggio visito una mostra di libri per l'infanzia. forse la più affascinante mostra che abbia mai visto. (Era vietato fare fotografie ma io ho visto il cartello solo quando sono uscita)

















FINISTERRE


Il giorno successivo lasciamo Santiago per Finisterre. Sono 90 km. e li percorriamo in pulmann. Il nostro “camino” è finito anche se ci sarebbe piaciuto proseguire a piedi. Piove a dirotto e veniamo a sapere che la meseta si è ridotta ad un acquitrino.

Ancora una volta ci separiamo da Cirino e Marilisa con suo padre. Io e Paola troviamo da dormire in una casa privata. Finalmente un letto vero con lenzuola  (mi pare).  Nel primo pomeriggio smette di
piovere, il cielo si apre con nuvole sparse.
Finalmente Cirino realizzerà il suo sogno, quello di pucciare i piedi nell'Atlantico.
Con Cirino ci ritroviamo e cerchiamo un ristorante che abbia i “Percedes” minuscoli molluschi specialità del posto. Dopo un po’ di ricerca troviamo un ristorante entriamo e con grande gioia di Paola e Cirino e con mio grande stupore ritroviamo Sergio che avevo conosciuto all’inizio del camino e per un lungo tratto ha camminato insieme a Paola. Lui è arrivato a piedi sino a Finisterre con pioggia battente e vento  furioso.
Tutti insieme ci dirigiamo al faro e aspettiamo il tramonto. Il sole scenderà nel mare come ostia purpurea e qui ci sentiamo  piccoli e grandi come Dei di fronte ad un mare che non ha confini.
Finisterre (Fisterra, in galego, è il toponimo ufficiale) è un comune spagnolo di 4.959 abitanti situato nella comunità autonomadella Galizia.
Il nome deriva dall'espressione latina Finis terrae, cioè "confine della terra" in quanto il capo Fisterra è uno dei punti più occidentali della Spagna (il primato spetta a Cabo da Nave e a capo Touriñán presso Muxía).
È spesso visitato dai pellegrini che compiono il Cammino di Santiago di Compostela e decidono di prolungare il pellegrinaggio per circa un altro centinaio di chilometri. La tradizione vuole che i pellegrini qui compiano un bagno nell'oceano in segno di purificazione, brucino un indumento indossato durante il cammino stesso e infine raccolgano una delle conchiglie (simbolo che segna il cammino a partire da Roncisvalle) che si trovano su una spiaggia a prova dell'avvenuto pellegrinaggio.
















MUXIA - Corazon da Costa da Morte


 Lasciata Finisterre raggiungiamo Muxia. Il paesino di pescatori ci cattura con la sua atmosfera piena di armonia e magia. Il cuore riposa e si riempie di bellezza interiore.
A Muxia ho trovato la mia casa. la fantasia vola. Anche a Paola piace e per un po’ sogniamo a occhi aperti.
Si tratta di una costruzione in pietra in riva al mare con tanto di caletta. Sembra abbandonata e vengo a
sapere che lì si lavorava il pesce prima di stenderlo su rastrelliere di legno a essiccare al sole ed il proprietario “NO VENDE”.
L’albergue Nova Muxia è molto bello. Le camerate sono dedicate a poeti locali, della Galizia, tra cui Garcia Lorca. Sergio e Cirino sono partiti il giorno prima. In compenso Paola ha ritrovato Marika una bella donna molto solare che anche lei si è fatta male nella famosa discesa dopo la croce del perdon. Con lei è arrivato anche Massimo. Un tipo singolare. Ha una fisicità pazzesca. Non riesce a stare fermo più di mezz’ora. C’è anche una ragazza olandese molto carina. Il Camino è stato per lei il regalo per la sua laurea.

paola
Marika
l'olandesina

massimo
Incontro anche una signora australiana, di Toronto. Ci siamo incrociate per quasi tutto il camino senza mai parlarci. Solo lì, alla fine ci siamo presentate e parlate, scambiandoci la fotografia e lasciandoci come due amiche compagne di Camino
.

Muxía è un comune spagnolo di 6.040 abitanti situato nella comunità autonoma della Galizia sulla Costa da Morte. Nel territorio di Muxía è situato il punto più occidentale della Spagna continentale, cioè il capo Touriñán. Nei pressi del villaggio sorge il santuario della Virxe da Barca o Nosa Señora da Barca: la chiesa sorge di fronte ad un celebre luogo di culto megalitico, centrato sullaPedra de Abalar ("la pietra oscillante") che i pellegrini fanno oscillare in cerca del suo punto di equilibrio. Il 25 dicembre del 2013 il santuario è stato devastato dalle fiamme provocate da un fulmine: la cupola è andata completamente distrutta.







Due giorni a Muxia. Incantevoli. La fine del Camino. Un lungo percorso in parte solitario e anche nella solitudine mi accompagnava il gorgoglio di un rio, il frusciare delle foglie accarezzate dal vento, il profumo dei boschi, degli eucaliptus dolce ed inebriante. Il rumore della sacca che batteva sui miei fianchi seguendo il ritmo dei miei passi. Hola, il saluto di un pellegrino che inevitabilmente mi superava dicendo: “BUEN CAMINO” ed il camino diventava buono.
Marilisa con suo padre - il generale


 Tutti amici anche solo con lo sguardo.
Tutti a condividere un sogno, una fatica e la Madonna della Barca  è lì che aspetta e sa che prima o poi arriveremo a suggellare un percorso, un pezzo di vita ancora fuori dal tempo in questo tempo.














 

















ANCORA SANTIAGO

L’ULTIMA  NOCES QUE PASSè CON TIGO ……

Lasciata Muxia, il nostro paradiso terrestre, siamo tornate insieme a Marilisa ed il generale a Santiago nello stesso albegue.

L’ultimo giorno.
Tutto mi appare diverso. Più chiaro. Questi tre giorni di riposo mi hanno risistemata. Come ho già detto in cattedrale ho avuto il piacere di incontrare Endo, il giovane uomo delle Isole Vergini.
Dopo aver fatto shopping (un po’ smodatamente da parte mia) ci sediamo in un bel giardino. Oggi Santiago ci appare più rilassante, più allegra. Ma forse siamo noi che essendo più rilassate riusciamo a godere meglio ed apprezzare di più quanto ci circonda. Con Paola stiamo allacciando un bel rapporto, parliamo di tutto confidando anche i nostri pensieri. Potrebbe anche nascere una bella amicizia durevole nel tempo.
Marilisa ed il generale sono partiti in mattinata. Marilisa ha promesso che verrà a trovarmi a Torino la cosa mi ha fatto piacere.
I ragazzi di Santiago sono usciti da scuola. La vita scorre come in ogni città del mondo. Altri pellegrini stanno seduti come noi sulle panchine a godersi la tranquillità in perfetta armonia e serenità. Altri riempiono le vie intorno alla cattedrale a caccia di souvenir, ristoro e ristorantini ripuliti nei pensieri con la fatica del corpo di ogni giorno. La stanchezza, il
male ai piedi, alle spalle.  Questo è il Camino, una prova di resistenza, di determinazione, di bellezza.
Stasera arriveremo a Bergamo  alle 23,30 e fino a domani mattina non avremmo la possibilità di ritornare a Torino ma sarà Federico, che abita in zona a prelevarci e a portarci a casa sua per la notte. Un ultimo gesto da pellegrino buon samaritano.








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