venerdì 15 novembre 2013

Hornillos del Camino - Puente Fitero




Hornillos del Camino – Puente Fitero
“ E lucean le stelle…”


Sono nelle prime ore pomeridiane e sto affrontando una salita con una pendenza di 12° che mi ha preoccupata parecchio nell’osservarla sulla carta.  Ed ora sono lì, sotto un sole caliente, un caldo micidiale, un panorama incredibile, aperto a tutti i punti cardinali, dove lo sguardo si apre a 360° su un paesaggio collinoso, secco, desertico. Si   potrebbe paragonare al tetto del mondo.
La sensazione che ho a percorrerlo tutto con gli occhi è grandiosa, di immensità. Mi sento piccola e potente nello stesso tempo.  Una dea dell’Olimpo. E mi si apre il respiro.
Camminare è come compiere un atto sacro. Un gesto antico, ancestrale, archetipo.
E' il terzo giorno di cammino nella Meseta. Come già accennato precedentemente il silenzio è totale,  denso. Solo campi collinosi, gialli, che si stagliano su di un  cielo celeste-azzurro, trasparente e nuvolette sospese.
È vero, sembra che la tappa non abbia mai fine. Silenzio, azzurro cielo e giallo delle colline e nient’altro. A volte l’infinito.  


Stamattina partendo da Hormillos ho preso degli accordi con Federico. Il mio desiderio è di arrivare all’ermita di San Nicolas che è gestita dalla Confraternita  San Jacopo di Perugia. L’ermita del XIII secolo è stata ristrutturata dalla confraternita e oggi ospita uno dei rifugi più caratteristici del Cammino (ricostruito “filologicamente “ con acqua corrente ma senza elettricità). I pellegrini vengono accolti con la lavanda dei piedi e viene offerta la cena.
Santa Brigida
Le “ragazze” si fermeranno prima. La tappa sarebbe troppo lunga e faticosa per la mamma e la zia di Simona. Federico anche lui vuole arrivare con me a San Nicolas ma è ancora febbricitante e quindi progettiamo di ritrovarci lì nel pomeriggio. Forte dell’esperienza di Ages Federico pensa di  farsi portare in auto insieme alla mia mochila a San Nicolas e aspettare il mio arrivo.Lasciato il paese, il cammino riprende come i giorni precedenti in piano con qualche saliscendi. Incontro un’ermita di santa Brigida. Una cappelleta minuscola al cui interno chiusa dietro una cancellata la statua della santa. Mi fa una certa impressione. La statua mi sembra murata viva.Arrivo a Castrojeriz, (dove si fermeranno le mie amiche) centro di probabile fondazione romana, sicuramente visigoto. Teatro di feroci battaglie tra cristiani e arabi nel 1131 è entrato a far parte


definitivamente del regno di Castilla sotto la reggenza di Alfonso VII. Mi fermo a visitare la Collegiata di Nuestra Senora del Manzano.  Edificio romanico del XIII secolo che ospita una bella collezione di statue lignee e altri oggetti sacri. Subito dopo c’è un piccolo spiazzo con un tavolo da picnic. Mi fermo e sbocconcello un poco di formaggio e l’avanzo di salame e lo condivido con un micino locale il quale sembra apprezzare. Di tanto in tanto passano dei pellegrini. Sono tutti un po’ disorientati, infatti non si capisce dove può essere il centro del paese e raggiungere così l’albergue.


Finito lo spuntino, mi avvio verso la strada principale del paese. A metà di essa vengo attratta da un’insegna all’ingresso di un piccolo alloggiamento che indica una mostra  fotografica. Appassionata di fotografia entro e mi accoglie insieme ad una musica, una piccola stanzetta con attigua un’altra dove sono appese delle fotografie che riguardano il cammino. Sono fotografie artistiche molto belle, emozionanti, ombre, uno dei soggetti da me preferiti  e quindi le immortalo fotografandole a mia volta.
Gratificata da questa visita lascio il paese e mi avvio verso la famosa salita alquanto impervia. Nel frattempo mi sono sentita con Federico il quale piuttosto sconvolto e molto arrabbiato mi racconta che gli sono sparite la scarpe e anche dopo aver fatto le sue rimostranze queste non sono saltate fuori. Più ancora, l’autista si è rifiutato di accompagnarlo in macchina all’ermita e la mia mochila la porterà al paese successivo, Itero de la Vega. Così il nostro piano è andato a gambe all’aria e lui prenderà il bus che lo porterà a Leon dove si metterà a letto per un paio di giorni.
Ed ora sono a metà della fatidica salita. Mi è rimasta poca acqua e cerco di conservarla il più possibile.
Mi raggiunge Endo il pellegrino delle Isole Vergini incontrato a Villambistia. Mi saluta molto garbato e mi si affianca. Probabilmente si accorge della mia fatica e mi sta vicino. Mi offre anche dell’acqua che io accetto sorseggiandola appena e mi dà subito sollievo. Sulla salita vi sono anche due ragazze credo nordiche. Una mi sembra più in forza dell’altra. Endo è molto carino, mi sorride quasi a incoraggiarmi e la sua presenza mi conforta. Arrivati sulla cima c’è una piccola costruzione che non saprei definire con una panca in pietra.
Li incontriamo le due ragazze. Ci fermiamo ed Endo conversa con loro. Dopo una piccola pausa, riprendo il mio cammino ed Endo saluta le due ragazze e mi affianca. Sembra che voglia prendersi cura di me. La discesa è di 18° e quindi abbastanza impegnativa. Fortuna che la strada  pur essendo sterrata è abbastanza piana. Le ragazze ci oltrepassano e le vediamo allontanarsi sino a quando diventeranno due puntini. Non ricordo come, comunque ci facciamo  reciprocamente una fotografia per ricordo.
La sua compagnia mi fa molto piacere. Arrivati in piano mi accorgo che lui ha un passo ancora più lento del mio quindi succede che lo oltrepasso, poi lo aspetto, così fino quando la freccia indica due percorsi distinti. A quel punto le nostre strade si dividono. Ci lasciamo tacitamente amici.
La tappa che mi sono prefissata  oggi è di circa 30 KM. e la strada è ancora lunga.
In un lungo tratto piano circondato da campi di grano in mezzo al nulla c’è una ermita. Vedo nel retro  in mezzo agli alberi dei panni stesi e penso che sia San Nicolas. Faccio un paio di foto. Una signora seduta su una panchina  di fronte al portale dell’ingresso mi osserva. Io mi avvicino e chiedo se quella è l’ermita gestita dalla confraternita di Perugia. La signora mi conferma che quella è l’ermita di San Nicolas. Allora io le spiego con un certo rammarico che avrei voluto fermarmi  lì, ma non mi è possibile perché loro non accettano le mochile così  la mia la troverò all’albergue municipale del paese successivo. La signora mi osserva con interesse e poi  mi dice che se proprio voglio fermarmi loro potrebbero accompagnarmi con la macchina a recuperare la mia mochila. A quel punto accetto con entusiasmo. La signora mi dice anche che loro non accettano la spedizione delle mochile per una questione di selezione. Non desiderano persone che fanno il cammino solo per “sport” o per turismo. Ci tengono a mantenere una certa spiritualità.



A quel punto mi affida ad un signore che insieme a lei ed altre due persone gestiscono come volontari il rifugio. Quindi con lui vado in macchina a recuperare il mio zaino nel frattempo lui si fermerà ad un punto dove funziona Internet. Mentre aspetto faccio alcune telefonate. Una a Torino, a Gino e poi alle ragazze per sapere com’è andato il cammino della mattinata. Loro mi chiedono dove mi fermerò l’indomani, pensando di ricongiungerci il giorno dopo ma io ormai ho premuto sull’acceleratore e voglio proseguire piuttosto spedita, anche con la segreta speranza di ritrovarmi con Paola, la quale continua a ripetermi, quando ci sentiamo per  telefono che lei è sicura che ci ritroveremo. Con le ragazze ci confermiamo l’impegno di trovarci a Torino insieme a Federico. La qual cosa mi da la certezza che questa nostra amicizia sarà consolidata nel tempo. Paola anche lei non sta molto bene e ogni volta mi dice che rallenterà un po’ la sua corsa.
L’interno dell’ermita è molto interessante.
Una parte è occupata dai letti a castello e una scala porta ad un sottotetto dove vi sono altri letti, mentre la metà che va dal portone d’ingresso verso l’altare è adibita a zona giorno. C’è la cucina, un lungo tavolo e sul fondo quello che un tempo era l’altare. Rimasto intatto. Una bella statua di un santo, magari san Nicolas, “accoglie” i pellegrini e sull’altare il trittico di una bellissima icona.
L’ermita intanto si è riempita di persone. I letti sono tutti occupati. Vi sono diversi italiani. Intanto gli amici della confraternita preparano la cena. Quando tutto è pronto, la tavola apparecchiata, siamo invitati alla cerimonia della lavanda dei piedi.
Seduti in circolo sulla pedana dell’altare, a turno, ad uno ad uno, utilizzando una bacinella, avviene la cerimonia. Avverto una certa emozione ma avverto anche un certo fastidio verso quelli che fanno le fotografie. Avrei preferito un maggiore raccoglimento da parte di tutti.
"En el nombre de Christo te acogemos en el hospital de San Nicol que el descanso te reconforte y repara tus fuerzas para continues tu camino a Santiago."
E' questo che vogliamo ricordare: che è Gesù che vuole lavarci i piedi, è Dio che urge perché ci vuole amare, è lasciare che faccia di noi quello che vuole. Ogni sera a San Nicolas rinnoviamo questa straordinaria verità al lume delle candele, lontano dai rumori del mondo, fra un catino e dei piedi nudi, collegando il sublime e l'infinitamente umile…
Si cena a lume di candela. Ed è molto bello. La cucina è ottima. Ci viene servita della pasta e poi non ricordo. Siamo invitati a suonare qualcosa o a cantare ma nessuno di noi si sente di farlo. Un italiano afferma a gran voce di essere ateo. Lo trovo un po’ fuori luogo. Nessuno glielo ha chiesto. Ma lui è così. Me ne accorgerò nei giorni a seguire. È un fiorentino simpatico ma un po’ ingombrante.


Dopo cena viene sparecchiata la tavola, poi Franco (così mi pare si chiamasse) uno degli hospitaleri, molto efficiente, si adopra per farci ricaricare telefonini e macchine fotografiche e tutte le nostre necessità.
I servizi sono fuori, in un fabbricato a parte. Mi soffermo ad ammirare il cielo di un azzurro intenso e carico di stelle. Condivido questo momento con un ragazzo italiano. Lui sta facendo il cammino in bicicletta. Ma la sua è una bicicletta qualsiasi. Senza pretese. Dopodiché cala il silenzio. Tutto dorme.
Nel cuore della notte, mi sveglio come mi capita sempre. Esco all’aperto per andare ai servizi. Mi accoglie uno spettacolo incredibile.  Un cielo inondato di stelle. Grandi, luminosissime che mi piovono addosso. Vedo un oggetto luminoso che si muove ad una velocità costante penso ad una stella cadente ma non può essere. Fantastico su questo, potrebbe essere qualsiasi cosa, magari un satellite oppure una presenza luminosa che  mi si vuole manifestare.  Non ho mai visto un cielo così. Lo cercherò ancora nelle notti successive, senza ritrovarlo. Mi sento parte del tutto, dell’universo intero e penso:

“mi iglesia un cielo inondato di stelle
  Il mio DIO si perde nell’infinito”.

www.confraternitadisanjacopo.it/Hospital/SanNicolas.htm



2 commenti:

  1. Finalmente, ci tenevo a leggere le tue impressioni sull'ermita di San Nicolas che per me è stata una delle più suggestive tappe.
    Sono incuriosito dalla statua con la madre, il bimbo ed una terza figura: ne sai qualcosa di più?

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    1. grazie Cirino, meno male che ci sei tu che mi dai un po' di soddisfazine! no mi spiace, mi verrebbe da dire, magari sant'Anna, la nonna, ma ha una specie di corona in capo e quindi? rimane il punto inerrogativo.

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