venerdì 15 novembre 2013

Puente la Reina - Estella



L’indomani mattina quando esco è ancora buio. Il cielo è di un blu trasparente, in lontananza le luci dei centri abitati. E’ magico.
Dopo aver attraversato la strada nazionale, la rotta scorre lungo il fondo della valle su sentieri a terra battuta. Il paesaggio è sempre molto bello. Aperto e vario. Sali-scendi, mulattiere impervie. Paesini bellissimi, lindi e ordinati.
Cirauqui (che in lingua basca significa “nido di vipere” ) è arroccato su una collina, presenta vie con pendenze molto accentuate. I resti delle antiche mura e le due chiese del XIII secolo testimoniano di un passato splendore. Merita uno sguardo la piazza, dalla quale si passa obbligatoriamente e lì vicino sotto un arco su una mensola si trova un sello con il quale timbrare la propria credenziale.


Mi fermo a fare uno spuntino in un piccolo giardino che si affaccia su una grande vallata. Tira un venticello freddo. I pellegrini dietro di me proseguono senza fermarsi. Il cammino prosegue imboccando l’antica strada romana.



 Tra Cirauqui  e Lorca il cammino è affiancato dall’autostrada ed è proprio dovuto alla costruzione di quest’ultima che il camino ripercorre solo a tratti l’antica strada, rettificando parzialmente l’antico percorso.


Si passa s'un ponte medievale che attraversa il rio Salado (le cui acque salate, secondo il Codex Calixtinus, avrebbero ucciso i cavalli). Attraversando la strada asfaltata si trova un monumento che ricorda una pellegrina canadese morta nel 2002 in un incidente e si prosegue su un sentiero che ci inoltra nella valle dell’Ega, dove poco dopo aver passato il ponte sul rio Ega si arriva ad Estella.

Durante il percorso sono stati in tanti ad avvicinarmi. Si fermano, mi chiedono di dove vengo, dove sono diretta, dove intendo arrivare e poi proseguono seguendo il loro passo ed io mi immergo nuovamente nel mio interiore e mi concentro sul cammino. Anche un pellegrino spagnolo mi affianca,  avvia una conversazione e mi chiede di fare una fotografia insieme a lui, poi mi spiega. Dice che ha parlato con la moglie per telefono e le ha raccontato che nel cammino c’è una donna che ha 72 anni, è
sola e sta al passo con tutti gli altri; la moglie gli risponde che non è possibile, allora lui le porterà  la fotografia a testimonianza. Poi mi chiede se non ho paura di qualche lupo che mi assalga facendomi pure il verso del lupo. In realtà non mi sfiora neppure l'idea della paura e di qualcuno che possa essere malintenzionato. Mi sento circondata da una moltitudine di persone molto corrette, "agreables". Mi sento immersa in un mondo altro, dove regna l'armonia, la pace ed un rispetto reciproco totale.  Infine ci salutiamo definitivamente. Le nostre strade si dividono qui. Lui con i suoi amici proseguiranno oltre Estella, la cittadina che mi ero prefissata come punto di arrivo per la tappa di oggi. 
Si è rotta una bacchetta proprio nella giuntura e non mi riesce di incastrare nuovamente le due parti. Contrariata, immagino di abbandonare la racchetta sul ciglio della strada e, come nelle fiabe, dietro di me un signore la vede, la raccoglie e me l’aggiusta. Così faccio. Abbandono la racchetta sul ciglio della strada ma, invece di un signore   misericordioso, mi richiamano all’ordine delle pellegrine che con tono di rimprovero mi fanno osservare che non si abbandonano le cose lungo la strada. Io riprendo la mia bacchetta, intanto mi accorgo che un poco serve ancora e convengo che nel cammino non si butta via niente. Dopo un po’ di tempo, avverto dei passi dietro di me e mi faccio da parte come sempre, cedendo il passo. Si tratta di un signore francese e dopo esserci salutati e aver scambiato delle cose gentili, si accorge della bacchetta, me la prende, armeggia un po’. Pare che non sia possibile porre rimedio, poi improvvisamente sentiamo uno scatto e lui esclama: “c’est un miracle”. Le due parti in qualche modo si sono incastrate. Il fatto mi sembra davvero incredibile. Ho pensato una cosa assurda e questa è avvenuta. Qualcuno o qualcosa  mi sta aiutando assecondandomi. Mammina è con me. La sento. Anche a Torino sono tutti con me e mi stanno vicini. 
Proseguo il mio cammino fiduciosa e i grandi ulivi che lascio dietro di me, carezzati dal vento, brillano,    come se fossero d’argento.

Intanto arrivo a Estella. Il suo nome, secondo la tradizione, deriva dalla visione che alcuni pastori ebbero di una pioggia di stelle cadenti che li stupì e li indusse a portarsi in un luogo dove trovarono una statua della Madonna del Puy. Era il 1085 e il borgo aveva allora il nome latino di Gebalda che i Romani avevano dato ad un loro insediamento. Il nome Estella, molto probabilmente le venne dato dai pellegrini che transitavano di qui verso il santuario di Santiago di Compostela, fu accettato nella lingua castigliana per la sua somiglianza con "estrella", cioè stella, che ricorda il miracolo delle stelle. In basco invece il nome è Lizarra, che indicava un villaggio vicino conquistato da Sancho I Garcés di Navarra nel 914. Successivamente il re Sancho III, nel 1090, pensando ad un'espansione del borgo, fece deviare il Camino de Santiago facendolo attraversare nei due villaggi vicini che si espansero entrambi fino a formare nel 1266 un unico comune che assunse il nome Lizarra per i baschi e di Estella per gli spagnoli di lingua castigliana. La città, favorita dall'essere una località importante del Camino divenne un attivo centro commerciale che attirò molte persone dai villaggi e dalle campagne vicine e anche franchi ed ebrei dalla Francia. Questi vi impiantarono le loro attività commerciali e di servizio per i pellegrini.

Nel XII secolo Estella iniziò la costruzione delle chiese romaniche che la fanno oggi chiamare la "Toledo del Nord" per i suoi monumenti e la "capitale dell'arte romanica navarra". La città raggiunse l'apice della sua prosperità nel XIII secolo quando esistevano una "borsa di cambio" e ben sei ospizi per i pellegrini che vi facevano sosta in attesa di proseguire in direzione del Monasterio de Nuestra Señora la Real. In seguito la città decadde a causa delle continue lotte fra la Castiglia e la Navarra e di una disastrosa inondazione. Nel 1512 cadde nelle mani di Ferdinando II di Aragona e fu ridotta ad essere un'oscura cittadina di provincia. La riscoperta del Camino di Santiago degli ultimi decenni l'ha sottratta all'oblio facendola divenire un centro turistico d'interesse storico e artistico. Molto bella la chiesa di San Pedro de la Rua, con tre navate gotiche e un bel chiostro adiacente. Nell’abside una colonna con tre serpenti.



Trovo posto all’albergue municipale dove avevo spedito la mochila. Mi piace. Ha qualcosa di alternativo. Dei grandi murales rallegrano il muro di cinta. I pellegrini sono in piena attività. I panni sono stesi come sempre. C’è una cucina ben attrezzata. 
Ritrovo il mio “Francesco” è in compagnia di un signore, potrebbe essere suo padre o uno zio. Sono nel letto a castello vicino al mio. Sopra di me alloggia un brasiliano. Mi fa sorridere quella cadenza che sembra una musica un po’ cantilenante. Dopo aver fatto la doccia, lavato e steso il mio bucatino, vado a riposare e cerco di recuperare la notte insonne passata a Puente, in quell’angusto sottotetto.
Gli alluci sono in cattivo stato. Quelle scarpe che ho comperato per la pioggia non vanno bene. Compero dell’alcool e mi faccio dare un giornale vecchio. Con l’alcool bagno la punta interna delle scarpe poi le imbottisco con pallottole di giornale. Così si dovrebbero allargare e ammorbidire un po’. Mi accorgo per la prima volta di una signora australiana che cammina con la famiglia: marito, il figlio, un ragazzino di circa dieci/undici anni, la figlia, una bambina di circa sette anni e altre due persone di cui non ho capito la parentela. Li avevo già incontrati a Villava senza focalizzarli, tranne la bambina che correva e saltava come una cavalletta. Mi viene in mente quel film di tanti anni fa “Il padre di famiglia” dove la figura centrale era appunto la madre e qui ho la stessa impressione. Mi pare che tutto gravi sulle  fragili spalle di questa donna. E’ molto carina, dolce e longilinea. Di origine irlandese ed ha una voce molto tenue e gentile. Mi suscita molta simpatia.
Il mattino successivo mi faccio prendere un momento dal panico. Non trovo più i bastoncini. Ricordavo di averli messi sotto al letto, poi il "mio Francesco" mi suggerisce di andare a vedere nell'ingresso dove c'era un contenitore apposta per i bastoncini ed è lì che li trovo con grande sollievo. Senza mi troverei realmente in difficoltà soprattutto nelle salite e quando sono appesantita dalla stanchezza.  


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