venerdì 15 novembre 2013

Navarrete - Najera



Lascio Navarrete che è ancora buio dopo aver lasciato la mochila all’abergo e dopo aver bevuto un te caldo dal distributore automatico. Interessante il portale gotico del cimitero e poco più avanti un rilievo ricorda Alice Graemer, una pellegrina morta nel 1986 in un incidente dovuto al traffico. Di fatto fino a poco tempo fa, il Cammino coincideva con la carreggiata della pericolosa strada statale N. 120.  Ora, finalmente c’è una pista pedonale che permette di camminare tranquillamente senza temere il passaggio
pericoloso dei camion. Si passa per  Ventosa un paesino che originariamente veniva solo affiancato dal Cammino, mentre ora ne è diventato parte integrante, che permette di allontanarsi dall’autostrada, dato che il percorso dei pellegrini è stato riadattato in base ai lavori di ampliamento dell’asse stradale. Usciti da Ventosa si prende una pista di terra che sale all’Alto di San Anton (668 m.) da dove si vedono le valli di Najerilla e Najera. Il resto del Cammino si snoda tra terreni detritici e zone industriali. Sulla parete di una fabbrica di farina si trova un poema sul Cammino scritto da Eugenio Garibay parroco di un paese vicino.
Entrati in Najera attraverso un ponte bisogna attraversare tutta la città per arrivare al rifugio.
L'area ha attratto i Romani , che costruirono la città di Tritium su un terreno che ora ricade entro i confini del
Nájera e il comune limitrofo di Tricio. Successivamente la zona era sotto 
musulmana regola e il nome Nájera ( Naxara "città tra le rocce" il significato) è di origine araba. La città fu conquistata da Ordoño II di Leon per la Navarra nel 923. Nájera fu la capitale del regno di Navarra, prima di essere conquistata da Castiglia nel 1054 dopo la battaglia di Atapuerca. Tuttavia, ha continuato ad essere multi-culturale. Ad esempio, nel 1142 ci fu la visita di un abate francese Pietro il Venerabile, il quale durante la sua visita in Spagna ha commissionato traduzioni di importanti opere islamiche, tra cui la prima traduzione del Corano in una lingua europea, ed è stato ipotizzato che si è incontrato con i suoi quattro traduttori di Nájera. Dal X secolo Nájera aveva una prospera comunità ebraica  alla quale è stato concesso lo status giuridico relativamente favorevole dopo la conquista cristiana di Edoardo, il Principe Nero combatté nella battaglia di Nájera nel 1367, intervenendo in una guerra civile castigliana , a nome di Pedro di Castiglia .
Il rifugio si trova lungo il fiume e la città vecchia è legata alla nuova tramite un ponte romanico a otto arcate. Un cielo nuvoloso ci ha accompagnati per tutta la tappa. La temperatura è ottimale per camminare. Al rifugio trovo la famiglia australiana e la costaricana. L’albergue è di nuova costruzione. Corredato di tutto punto. La camerata per dormire è proprio una dormitorio. Vi sono tutti i letti a castello appiccicati gli uno agli altri. Si riesce appena a passare. Mi guardo intorno e mi viene un brivido. Mi pare di stare in un lager nazista. Nel letto vicino al mio c’è un pellegrino che sta russando in un modo clamoroso. E’ preoccupante. Un ragazzo mi chiede se è mio marito.  Vivaddio no! La costaricana sta attaccata al computer e ci passa quasi tutto il pomeriggio. Poiché l’indomani vorrei allungare la tappa per fermarmi a Granon, in  una parrocchia dove si dorme per terra, la cena è offerta e si consuma tutti insieme e la cosa mi intriga, la propongo alla costaricana la quale di primo acchito mi dice che ci sono troppi KM. e davanti al mio tentativo di spiegarle la particolarità del posto per invogliarla ad unirsi a me, mi risponde che ne avremmo parlato dopo che lei ha finito il suo lavoro al computer. A quel punto capisco che la cosa non le interessa e lascio perdere. 
 Dopo il solito rituale e un riposino vado a fare un giro. Incontro nuovamente gli amici neozelandesi seduti in un caffè. Chiacchieriamo un po’ e ci dichiariamo amici con reciproca soddisfazione. Il mio inglese non è che stia migliorando ma si sta arricchendo di qualche vocabolo in più. Fa freddo e si mette a piovere. Ci sarebbe il monastero di santa Maria del Real da visitare ma la pioggia e il freddo me ne fanno passare la voglia.
 Il monastero    è stato  fondato nel 1052 su una grotta considerata miracolosa. Notevoli il chiostro gotico, il retablo maggiore di influenza barocca, il coro; sotto la chiesa, praticamente scavata nell’argilla della grotta originale, si trova il Panteon Real, dove sono sepolti gli antichi monarchi di Navarra. Nella grotta illuminata, una statua lignea della vergine.
Il costone roccioso incombe sul paese. Di colore rossiccio gli antichi avevano scavato delle grotte. Ha un aspetto sinistro. E la pioggia non aiuta. Dopo aver fatto un giro ed essere entrata in un supermercato per comperare delle cose che mi mancavano, tipo il sapone che avevo perso e altre cosette, vado a cenare in un localino tipico, dove il pomeriggio una bambina mi aveva dato un volantino pubblicitario. Il locale è piccolino, vi sono dei grossi tavoli in legno da osteria. Mi siedo presso uno di questi. Di fronte a me sta uno spagnolo, anche lui pellegrino. Avviamo una vivace conversazione. Riusciamo a capirci. Ma il merito non è mio. L’uomo è molto comunicativo. Si chiama Phelipe ed ha il fascino rude di Antoni Quinn. Anche qui ho mangiato benissimo.  Una sopa che con quel  freddo e quella pioggia faceva proprio piacere ed un formaggio tondo condito con qualcosa che non ricordo passato al microonde, veramente delizioso e l’ormai consueto  bicchiere di vino. (qui, non ti portano un bicchiere ma la bottiglia intera). Phelipe trasuda umanità animalesca. Finita la cena, l’oste che ha bisogno del tavolo ci invita ad uscire. Phelipe si siede all’aperto nel dehort e siccome ha bevuto un bicchiere in più mi chiama a gran voce invitandomi a sedere lì insieme a lui ma io non gli do retta e sparisco nella notte col mio mantello nero. 
Il signore vicino al mio letto che nel pomeriggio russava molto energicamente ora dorme a pancia in sotto per non arrecare disturbo. (per fortuna)

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