venerdì 15 novembre 2013

quando e perché

Ho sentito parlare del “camino” la prima volta da Maria, un’amicizia che condivido con Paola, un’altra grande amica. Maria mi ha abbagliata con la sua descrizione immaginifica e fiabesca dell’apparizione della cattedrale di Santiago.
In seguito ho seguito su radio 3 tutte le puntate trasmesse in diretta dal cammino di Santiago con Sergio Valzania e l’anno successivo accompagnato dal matematico “impertinente” Pier Gorgio Odifreddi. Ho anche visto il film  “IL CAMMINO PER SANTIAGO” con la regia di Emilio Estevez e così il cammino mi è entrato nel cuore.
In passato mai avrei pensato di intraprendere un’impresa come questa. Non ho mai camminato, non più di tanto, almeno, non sono mai stata in montagna.
L’idea si è insinuata in me piano piano senza che me ne rendessi conto fino al giorno in cui libera da ogni legame è esplosa portandomi alla sua completa realizzazione.
Devo confessare che qualche germe era già presente in me come quando anni or sono, sono stata in Sicilia per una finale di poesia, dove ero entrata tra i finalisti, ed ho colto l’occasione per fare un tour, a piedi in autobus, in treno così come capitava ed è stato bellissimo. La prospettiva cambia. Si vedono le cose da un altro punto di vista. Come nel “camino”. Lì c’è tutto il mondo e si è fuori dal mondo.  Una dimensione del tutto nuova e diversa.
Oggi sono contenta di averlo fatto. Il camino è come la vita. Luci e ombre come nel bosco. Caldo freddo. Sali scendi. Ogni mattino ti prepari, come nella vita, senza sapere esattamente cosa ti aspetta. Vi sono sentieri  impervi duri da affrontare e come nella vita c’è chi è più spavaldo, più preparato che li supera senza difficoltà e c’è chi  come me  li affrontava con molta difficoltà, passo passo, pietra per pietra..come nella vita non devi perdere la concentrazione sennò il camino ti travolge, o ti perdi e non sai più dove andare (per fortuna che c’è sempre qualcuno che ti richiama indietro “Pellegrino! Pellegrinoooo! E tu uscendo dal tuo straniamento ritorni sui tuoi passi, sulla retta via.
Ho intrapreso questo cammino per me stessa ma l’ho dedicato a mia mamma, la persona più importante nella mia vita, quella che ha avuto maggior peso e il massimo della mia attenzione, che se n’è andata l’anno scorso il 27 di marzo. L’ho portata con me nel portaritratti doppio, in argento, piccolo, da borsetta,  che lei mi ha regalato dicendomi “metti i tuoi genitori”.
Mio padre non l’ho mai conosciuto. Lui è mancato a ventiquattro anni ed io avevo quaranta giorni. Mammina questo fatto doloroso l’ha sempre ricacciato indietro e quindi questo gesto è stato un grande gesto. In un certo senso è stato come restituirmi questa paternità mancata, anche se è arrivata ad un’età molto avanzata. Al collo ho portato un gingillo che apparteneva a mia nonna. Quindi me li sono portati con me, nel “camino”, e loro, ne sono sicura mi hanno protetta. Non credo nella vita nell’aldilà, almeno non come ce la spiegano nella religione, ma credo nella forza e nella potenza dell’energia, nel magnetismo del pensiero, che se proiettato con fiducia e serenità di spirito fa succedere anche l’impossibile….  E nel camino succede. Piccole cose, ma significative. Se pensi una cosa questa  succede.  Se pensi ad una persona questa persona ti arriva. Dietro le spalle come mi è successo tante volte. Le sentivo, ne percepivo la presenza. Oppure la rincontri e tu sai che questo succederà. Non è casuale. Perché camminando il pensiero si libera, si sprigionano energie pulite.  Sei nella natura, nei boschi, lungo i fiumi, all’aria aperta dal mattino molto presto e per quasi tutta la giornata. E’ rigenerante. Anche se il prezzo da pagare a volte è abbastanza pesante. Nessuno esce indenne. O quasi. Tutti , o quasi, bolle,  ferite, piaghe ai piedi, distorsioni, tendiniti, male alle ginocchia, alle gambe, alle spalle. Perché lo zaino pesa. E’ quello che incide e uccide più di tutto. Te lo porti sulle spalle giorno dopo giorno e per tanti km. 20 – 30 dipende dove vuoi fermarti. Io, per mia fortuna, dopo le prime due tappe ho usufruito dei servizi “Camino facile” o “Jacotrans” che trasportano le “Muchile” in auto da una tappa all’altra. Se non ci fosse stato questo servizio, confesso, non ce l’avrei fatta. Lo zaino era troppo pesante per me e destabilizzante soprattutto nei passaggi  impervi dove mi sentivo in precario equilibrio e nelle salite mi mancava il fiato. 
Certo il “camino” è l’avventura. Prendi lo zaino e vai. Ti fermi dove vuoi o dove capita. Bivacchi nei boschi, o nei prati. A volte anche solo lungo i sentieri  in spazi ridottissimi. Vi sono anche piazzole di sosta organizzate con tavoli e panche in legno a volte c’è anche un barbeque. E’ molto bello. Una volta mi sono seduta in uno di questi  punti di sosta, a Fromista ed ho condiviso il mio spuntino con un micino locale. Magro magro. Io il formaggio e lui le croste io il salame e lui le bucce e quando ha capito che non c’era più nulla si è allontanato insalutato ospite.
Questi sono dettagli minimi, ma che nel camino  assumono significati importanti. Come le lumacone che attraversano la strada o sono lì ferme chissà da quanto.
Ed i fiori, quelli azzurri e quelli gialli che ti accompagnano lungo tutto il percorso sul ciglio della strada e le farfalle giocose e leggere. Che meraviglia! Anche le mosche ti accompagnano, anche se sgradite ospiti, soprattutto nella Meseta  sono sempre più insistenti e noiosissime “appiccicose!”. Ed io pensavo a Garcia Lorca, alle sue poesie. A quella in particolare “Gli incontri di una lumaca avventurosa” che avevamo preparato al laboratorio di teatro con Carla per una lettura ai bambini delle elementari. E Lorca mi ha accompagnata per un lungo tratto. E mi sentivo come un viandante libero e felice. Come la lumaca avventurosa.

(Nell’albergue di Muxia c’e una stanza dedicata a Garcia Lorca e altre stanze ad altri poeti della Galizia).






Gli incontri di una lumaca avventurosa (I strofa)

Che infantile dolcezza
nel mattino quieto!
Gli alberi protendono
le loro braccia a terra.
Un soffio tremulo
ricopre le sementi,
e i ragni  distendono
le loro strade di seta
- raggi sul cristallo limpido
dell'aria -.
               Nel viale
una fonte recita
il suo canto tra le erbe.
E la lumaca, pacifico
borghese della strada
ignorata nella sua umiltà,
ammira il paesaggio.
 La divina quiete
della natura
le ha dato forza e fede,
e dimenticando le pene
della sua casa, volle
vedere dove porta il sentiero. (continua)


il cammino mi assomiglia




Solitario, immaginifico, introspettivo. Così pensavo prima di partire. In realtà così è stato per me, ma non per tutti, perché il camino  è, diventa come sei tu, come lo vuoi tu. Sei tu che crei il tuo camino. Tutto quello che ti circonda, persone, cose, sono un corollario. Al centro ci sei tu. Con le tue emozioni, le tue aspettative, le tue paure, angosce, i tuoi dolori che durante il camino man mano dimentichi, te ne liberi. Il camino ripulisce. Il camino è più forte di te e ti fortifica. Poi va beh! Ci sono un sacco di implicazioni, di incontri. Tutto contribuisce a crearti un’immagine interiore. Il camino ti entra dentro: lo ami. E’ un amore planetario, cosmico. Di “people”. Lì c’è gente di tutto il mondo, di tutte le età, e tutti sono uguali dinanzi a te, a Dio, dinanzi alla natura, a volte dura e traditrice, come testimoniano le tante croci delle vittime lungo tutto il camino, a volte dolce e meravigliosa.

Mentre scrivo ho inserito il CD sulle Lamentaciones del profeta Jeremia musicate da Joan Samartì, acquistato alla cattedrale di Burgos. La commessa che me lo ha venduto dopo avermi chiesto se volevo i canti gregoriani  mi è sembrata  delusa dalla mia scelta. Evidentemente la musica contemporanea anche in Spagna non coglie tanti consensi.

Sono tornata dal camino da quindici giorni. E’ una giornata di fine ottobre, uggiosa, una pioggerella sottile, proprio autunnale è in perfetta sintonia con le Lamentaciones.


Il mio camino è stato in massima parte solitario. Sola in mezzo alla gente. Come piace a me. Libera, senza pensieri.
Ho incontrato tante persone. Di tutto il mondo. La precarietà della mia conoscenza delle lingue mi ha impedito di fare delle conversazioni magari interessanti. Chissà! Peccato. Mi sarebbe piaciuto avere uno scambio di opinioni al di là delle formali domande “Were you from?” ecc. anche se scherzosamente si dice che nel camino si parla il caminese. Una sera, ero già nella penultima tappa, al ristorante incontro una ragazza con la quale avevo condiviso un pezzo di strada il mattino. Abbiamo faticato a riconoscerci perché il mattino pioveva ed eravamo al buio e tutte e due imbacuccate negli impermeabili. La ragazza era inglese e mi dice delle cose che io non capisco. L’ultima settimana cominciavo ad accusare la stanchezza e quella sera mi sentivo proprio stanca e con la testa confusa. In questo stato di stress tento di risponderle tirando fuori una parola di italiano, una di inglese, una in francese e una in spagnolo. Veramente un pasticcio. La ragazza capisce il mio stato confusionale e ci salutiamo sorridendo.
Ho incontrato una gioventù bellissima.
Tante ragazze e ragazzi  che durante il camino si aggregavano formando piccoli gruppi. Adoro i giovani. Sono stata sempre dalla loro parte anche quando sbagliano creando disagio e difficoltà. Spesso, anzi quasi sempre non hanno colpa. Loro sono indifesi. Spesso la vita li aggredisce e loro non sanno come difendersi. Sovente sono gli adulti a creare loro della situazioni difficili, che li confondono, li frastornano. Non sempre è così. Ma spesso è così. A loro volta gli adulti anche loro sono stati giovani e magari anche loro hanno subito delle situazioni pesanti è una catena che si prolunga all’infinito. Penso che questa esperienza per un giovane sia formativa e lasci un segno positivo nel corso del cammino di vita.

Guardo fuori dalla finestra il grigio del cielo e il verde del pino del cortile della mia casa si fondono. Il CD è finito da un pezzo lo ripropongo è proprio adatto in questa giornata autunnale.

GLI ALTRI CAMMINI:





sono partita per il cammino il 27 agosto, sola.



Il giorno 24 è stato il mio compleanno: 72 anni. Il giorno 26 di mia mamma. Le ho portato i fiori e il 27 alle 6’30 ho preso il pullman per l’aeroporto di Bergamo, destinazione Lourdes.  Sono salita sul pullman al capolinea, alla fermata successiva è salita una ragazza, subito mi sono detta: ho trovato un’amica per il camino. E così è stato. Fino ad un certo punto.
All’aeroporto ci siamo avvicinate e conosciute. L’intesa è stata immediata. Lei sembra più giovane di quanto è in realtà ma, comunque è sempre molto più giovane di me.
Anche lei come  me farà tutto il camino. Anche lei come me non ha fissato il ritorno.
L’aeroporto pullula di aspiranti pellegrini. Li perderemo tutti quasi subito, arrivati a Lourdes.
Quando i motori dell’aereo hanno incominciato  rollare quasi ho gridato “non ci posso credere!” ridendo come una pazza. Veramente ero lì e stavo per partire. Fino a quel momento tutte le mie azioni i miei gesti sono stati automatici. Inconsapevoli. Come se non mi appartenessero. E ora ero lì, stavo per partire. Verso l’avventura. E non potevo crederci.



LE NUVOLE

Nuvole si sono adagiate sul mio prato

sono scese con stupore dall’alto

delle nostre rovine



Protagoniste della scena

Idea di statica perfezione



Mi hanno lasciato



Il viaggio è stato bellissimo: in mezzo alle nuvole. Uno scenario fantastico. Alcune nuvole avevano la forma di un fungo con una grande cappella al di sotto della quale stazionavano ciuffi di nuvoline e nuvolette. Una quantità immensa. Un mare di nuvole galleggianti e sospese. Sembrava di navigare con un nautilus  in un paesaggio antartico sennonché, anziché essere composto di ghiaccio era composto da nuvole inconsistenti. Vapori, acqua.

Lourdes


A Lourdes abbiamo pernottato nell’albergo dove aveva prenotato Paola, la mia nuova amica.
Facciamo visita alla grotta. Io rimango impressionata dalla quantità di persone presenti. Penso, anche lì tutto il mondo. Tutto ruota intorno alla grotta e alla Madonna. Raccogliamo l’acqua dalle fontane e la sera g’immergiamo nella fiaccolata. Ci facciamo dare anche la “Credenziale”  con il primo sello.
Confesso non provo emozioni. Il tutto è come una grande rappresentazione. Paola accarezza la roccia e sente profumo di rose. Io mi rendo conto appena di essere nella grotta. Mi aspettavo qualcosa di diverso, di più intimo, di più spirituale. Ma forse quello che cerco fuori di me deve essere dentro di me. Ancora tutto deve incominciare o forse tutto è già definito, devo soltanto prenderne visione.
Il mattino successivo già ci dividiamo. Io prendo il
treno per Bayonne in quanto avevo un biglietto a prezzo speciale mentre lei prenderà quello successivo.
A Bayonne prendiamo un trenino per Saint Jean Pied de Port. Siamo solo più pellegrini. Il percorso è bellissimo immerso nel verde costeggia un fiume, il Nive, piccolo tortuoso  con piccole rapide e sassi. Infatti vediamo dei navigatori di rafting. Il trenino è lentissimo vorrei che quel viaggio durasse all’infinito. Anche i dintorni di Lourdes mi hanno favorevolmente impressionata per il verde. Tutto mi sembra di buon auspicio.  Ho la sensazione che siamo proiettati verso una dimensione altra, qualcosa rimasto fermo nel tempo. Ed è piacevole.